Su progetto dell'architetto BrunettaErano i fatidici anni sessanta. Fatidici per la febbrile rinascita in Italia di tutte le attività, edilizia compresa, coda della lunga ricostruzione postbellica. Anche la nostra università, e tante altre iniziative ad essa connesse, si distinguevano per un grande fervore di opere. Il Gregorianum è stato realizzato grazie alla splendida intenzione di un donatore, supportata dal vescovo di Padova Girolamo Bortignon. Nel maggio 1962 la posa della prima pietra e nell'ottobre 1963 l'inizio delle attività interne.Come ricorda don Ivo Sinico, presenza costante dell'istituzione, si volle farne ''nè un albergo, nè un pensionato, ma uno spazio per una proposta: affiancare persone laureate ai ragazzi in un metodo che li immettesse in un percorso virtuoso: da studenti a studiosi''. Il progetto venne affidato a Giulio Brunetta per volontà dello stesso Bortignon, grato per quanto l'ingegnere aveva dato con generosità nella costruzione dell'Opera della Provvidenza di sant'Antonio. Il Gregorianum sorge nel quartiere Forcellini, già noto per la presenza del vicino centro ''I.N.A. - Casa'' cui lavorarono tanti professionisti allora afferenti all'Istituto di Architettura dell'università, quali lo stesso Brunetta, Virgilio Vallot, Giuseppe Tombola, Gabriele Scimemi, Arturo Negri, Enzo Bandelloni. Il collegio comprende una sessantina di stanze singole per studenti e dottorandi, sale di soggiorno e di studio, mensa, attezzature sportive. Le sue forme ripropongono la semplicità delle linee ''brunettiane'', peraltro sempre improntate all'attualità e rifuggenti ogni ambientamento vernacolare. Il rivestimento in cotto e i serramenti con ante scorrevoli a fare da contrappunto alla modularità delle facciate. All'interno, sia all'ingresso che nell'aula magna, realizzata in leggera pendenza e dall'ottima acustica, gli inconfondibili affreschi di vita padovana di Fulvio Pendini. Io ero appena rientrato a Padova dopo un triennio di esperienze in cantieri milanesi e da Brunetta ebbi l'incarico della direzione dei lavori del collegio. In particolare ricordo di aver contribuito alla scelta di tutte le tinte interne, allora ispirate ad una tavolozza di Giò Ponti e, soprattutto al disegno esecutivo della cappella. Una certa discussione ci fu con l' ''Ingegnere'', (perchè ingegnere amava farsi chiamare, anche se poteva fregiarsi anche dei titoli di architetto e di professore), sull'apertura o meno di finestrature sulle pareti della chiesa, mentre piena adesione ci fu per il progetto del campanile composto da due semplici putrelle in acciaio poste ad angolo retto. Un ultimo aneddoto che divertì molto Giorgio Baroni e Giancarlo Ferraro, allora giovane ingegnere come me e mio ex compagno d'università. Io con la barba un po' lunga, vestito come sempre in modo un po' casuale, in maglione e senza cravatta, mi avvicino a un capannello di tecnici e operai raccolti attorno all'impresario signor Giuseppe Ferraro, intenti a studiare un disegno. Nella mia qualità di direttore dei lavori sentivo il diritto-dovere di assistere all'esame e, piccolo come sono, cercavo di farmi largo nel gruppo. Ad un certo punto il signor Ferraro mi riconosce, seppure nella mia veste un po' trasandata, e sbotta: ''Oh, me scusa ingegnere, 'o gavevo ciapà par un omo!!!'' (in dialetto ''omo'' equivale a muratore o operaio in genere). E qui, come Edoardo III per l'Ordine della Giarrettiera, dico ''honni soit qui mal y pense!'' (vituperato sia chi ne pensa male!) perchè, secondo i cari amici, fu messa in discussione la mia virilità! Camillo Bianchi Professore di Architettura e Composizione Architettonica presso l'Università di Padova. Cenni biografici su Giulio Brunetta 1906 Nasce a Conegliano. Intro > Le Origini |