Per 10 anni don Renato ha condiviso con don Ivo il compito di assistente spirituale del Gregorianum. Con la sua personalita' ha contribuito a rinnovare, con intelligenza e sensibilità, un ruolo centrale nell'organizzazione educativa del collegio. Riportiamo qui un suo contributo scritto in occasione del 40° anniversario del collegio. Dal 2008 mons. Renato Marangoni è vicario episcopale per l'apostolato dei laici della Diocesi di Padova. La “spiritualità” del GregorianumViaggio anch'io ormai sull'onda dei ricordi... Faccio un po' di calcoli e scopro di aver trascorso un quinto della stagione "gregoriana": 8 anni su 40! Sono approdato in via Proust 10 nella circostanza dell'ammissione per l'anno accademico 1995/96. Partecipai ai colloqui, unendomi all'assistente spirituale, don Ivo. La mia ammissione avvenne così... Ero invitato anch'io, durante il colloquio, a formulare una domanda agli studenti. Con interesse scrutavo i volti piuttosto seriosi di chi si accingeva a diventare matricola. Mi appariva tutto così serio e esigente mentre da parte mia c'era il tentativo di assumere un'aria un po' disinvolta e con accenni di sorridente ingenuità... Accanto ai giovani ammessi ai colloqui c'era un consistente numero di studenti già ospiti del Gregorianum - mi pare più di 20 - ed erano lì ad accompagnare le attività di ammissione. Mi accorsi subito del loro sguardo investigativo: "Ma che tipo sarà questo prete?". Fui letteralmente sorpreso dall'atteggiamento di riverenza che dimostravano nei miei riguardi. Fu una delle pochissime volte in cui mi sentii "reverendo". Mi davano del "lei"... La mia sorpresa e - lo devo riconoscere - anche il mio smarrimento erano dovuti al fatto di aver in precedenza trascorso un'esperienza simile per sei anni in un collegio universitario a Roma e poi due anni come assistente ai liceali in Seminario minore di Padova senza aver mai ricevuto quel "lei". Capii subito che dovevo accettare una tale condizione di partenza. Si trattò poi per me di passare oltre la domanda più o meno spirituale posta durante il colloquio di ammissione e di accedere al vissuto curioso e un po' eccezionale di quel gruppo di 64 studenti universitari. Mi trovai immediatamente posizionato dalla parte degli ultimi arrivati, quasi come "matricola spirituale"... Eppure qualche anno in più mi dava il diritto di essere posto tra i "vecchi". A questo punto preferii sciogliere le strette appartenenze e mi avventurai nel gioco d'insieme un po' da libero battitore. Questi particolari narrativi mi danno adito per poter tratteggiare una modalità di vita, un modo di essere, più ancora un'esperienza condivisa. Direi che nella figura e nel ruolo dell'assistente spirituale io ho vissuto il farsi di un'esperienza di condivisione. Non vorrei usare immagini o un linguaggio troppo alti. Si è trattato semplicemente di un diventare amici così come la quotidianità degli incontri - spesso molto veloci - l'ha permesso. Porsi accanto per camminare insieme nella consapevolezza di uno scambio che arricchisce vicendevolmente: mi pare sia questo il ritmo e il tracciato di tale esperienza. Così è capitato di tutto, in un crescendo che fa parte della quotidianità. C'è stata la condivisione dell'impegno e della fatica dello studio. Ho verificato più volte che si solidarizza mentre cresce la passione dell'apprendere, dell'interrogarsi, del ricercare. Quante volte è successo di parlarsi di questo, di confrontarsi, spesso anche di misurarsi sul lavoro di studio e di ricerca altrui. Ma poi c'è la condivisione di tanti frangenti della giornata che da un'iniziale banalità sono diventati occasione di dialogo, di conoscenza altrui, di confronto, di scambio di interessi. Mi è capitato spesso di trovarmi nel bel mezzo di "grandi discorsi"... Devo riconoscere che i momenti più intensi di comunicazione degli aspetti più "profondi", lì dove è messa in questione la stessa esperienza di fede, sono avvenuti informalmente in questi circoli ed eventi di amicizia. Questo tipo di circostanza per me è stato incoraggiante. Mi ha aiutato a sfrondare sistemi troppo definiti e linguaggi da addetti ai lavori e soprattutto di tentare di reinterpretare anche i contenuti della fede a partire dal vissuto, dai percorsi esistenziali di un giovane, dalla riserva di attese e desideri che emergono lì dove ci si accoglie e capisce. Senza questa dimensione gli stessi momenti dedicati alla questione etica e religiosa mi sarebbero apparsi formali e asettici. Penso alla proposta dei cosidetti "gruppi biblici". Da momento di approfondimento del dato di fede a carattere prevalentemente intellettuale sono, pian piano, diventati un percorso di ulteriore ricerca e di confronto nel tentativo di incidere sul proprio vissuto, fatto spesso di convinzioni già acquisite e di nozioni scontate. In questi momenti mi è sembrato spesso di cogliere una domanda - non sempre esplicitata - di significati nuovi da riscoprire nell'aver fede, nell'essere oggi credenti. È una domanda che sento anche mia e che porto con me quando soprattutto incontro altre realtà. Ricorro spesso a questa "unità di misura" data dal "sentire" non scontato e libero di questi amici studenti del Gregorianum. La consapevolezza di ricevere un rilevante apporto in termini di mentalità, di sentimenti, di emozioni, di affetti, come anche di mezzi comunicativi, di linguaggi, inoltre di ulteriori contenuti, di stili di vita è ben radicata in me, anzi di anno in anno riceve ulteriore conferma. Accanto a questo capitale rilevato è evidente che vi sono anche più o meno piccole contraddizioni e ambiguità. A volte possono anche indurre tensioni di vario genere, eppure il flusso del vissuto ordinario offre una globale sensazione di benessere. In queste alcune pennellate che avrebbero dovuto disegnare la figura dell'assistente spirituale ritroviamo gli schizzi della vita stessa del collegio, fatta di persone concrete con un nome che tutti conosciamo. L'assistente vi si incarna... Più volte è stato detto: "Il Gregorianum non ha una spiritualità propria e specifica come l'hanno certi movimenti...". La "spiritualità" del Gregorianum è insita nelle motivazioni stesse per cui questa esperienza diventa condivisione di vita, di studio, di amicizia, di formazione, di ricerca interiore, di valori... È apprezzabile la ricchezza di rapporti umani che vengono ad intrecciarsi. Oggi si è soliti parlare del "mettersi in rete". Di fatto, anche a distanza di anni, è percepibile questa rete nella proposta formativa del Gregorianum. Anche spiritualmente è una grossa sfida: essere in rete è la "forma" stessa dell'esperienza umana considerata nella sua profondità e globalità. E questo anche se la nostra esperienza collegiale non può vantare alcuna presunzione di totalità. Ma in tante sue occasioni e soprattutto nell'immediatezza dello stare insieme succede di poter almeno balbettare qualcosa di quella buona e bella notizia che chiamiamo "Vangelo". Così semplicemente ho un po' raccontato e un po' tentato di comprendere il senso di un'esperienza. Partivo all'inizio rilevando una sorta di distanza rappresentata da quel formale "lei" con cui ero avvicinato e chiamato dagli studenti, in quanto assistente spirituale. Ora posso, alla fine, constatare come solo per ragioni d'ufficio (!) è solo il direttore a darmi del "lei" e, a volte, rasentando una certa ironia, a chiamarmi "reverendo", soprattutto quando, anche a livello di direzione, con vivace dialettica si dibatte di questioni "spirituali"... Renato Marangoni Mons. Renato Marangoni, vicario episcopale per l'apostolato dei laici, ha presieduto la celebrazione eucaristica per gli universitari all'inizio dell'anno accademico 2008/2009 presso la chiesa di Santa Caterina Intro > Le Origini |